Una frase per voi

L'Amore non è perfetto… l'Amore è solo Amore!
Napoli, 5 febbraio: Prima o poi mi sposo (The Wedding Planner)

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"i Di Fiore FOTOGRAFI sono i miei Fotografi"

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Articolo del 28/02/2008 Pubblicato in Consigli-Curiosità Letto 1336 Volte

Una commissione di esperti ha selezionato le pellicole nostrane (tra il 1942 e il 1978) da custodire



Una commissione di esperti ha selezionato le pellicole nostrane (tra il 1942 e il 1978) da custodire e restaurare, come i beni culturali.
Un patrimonio immenso "Ecco i cento film italiani da salvare" e su tutti vincono Fellini e Visconti Il regista della "Dolce Vita" ha 8 citazioni, quello del "Gattopardo" 6 Tra le attrici c'è cinque volte la Sandrelli: "Così ho rappresentato le donne del mio paese" di CLAUDIA MORGOGLIONE

"Ecco i cento film italiani da salvare" e su tutti vincono Fellini e Visconti

ROMA - Monumenti dell'arte. Patrimonio di spettacolo e di costume. Tesori del nostro Novecento. Strumenti di riflessione. Testimonianza viva di cultura. Non parliamo di architettura, pittura o letteratura. Parliamo di cinema.
E questa è già una bella novità: perché per la prima volta, in maniera organica, i film italiani vengono visti come un vero e proprio tesoro. Qualcosa da proteggere, da conservare, da far vedere ai giovani. Una commissione di esperti, rispondendo all'appello lanciato nel 2006 dalle Giornate degli Autori di Venezia, ne ha selezionati cento. O meglio, 101. In un arco temporale che va dal 1942 al 1978. Dall'alba del neorealismo agli anni di piombo. Cento titoli, cento pellicole, una fetta enorme di creatività made in Italy.
Guardando ai registi, su tutti prevale - e non poteva essere altrimenti
- Federico Fellini. Con sette opere inserite in graduatoria: in ordine cronologico Lo sceicco bianco (1952), I Vitelloni ('53), La strada ('54), Le notti di Cabiria ('57), La dolce vita ('60), Otto e mezzo ('63), Amarcord ('74). Più un ottavo film in comproprietà: Luci del varietà, diretto nel 1950 a quattro mani con Alberto Lattuada (presente in classifica anche con Mafioso e La spiaggia).
In questa competizione tra i cineasti italiani più rappresentativi, al secondo posto, dietro Fellini, troviamo Luchino Visconti, con sei citazioni: Ossessione (1943), La terra trema ('48), Bellissima ('51), Senso ('54), Rocco e i suoi fratelli ('60), Il Gattopardo ('63). Dopo di lui, l'indimenticabile Vittorio De Sica, con Sciuscià (1946), Ladri di biciclette ('48), Miracolo a Milano ('51), Umberto D ('52) e L'oro di Napoli ('54).
A pari merito, sempre con cinque film, un paladino del cinema d'impegno come Francesco Rosi, che piazza in classifica I magliari (1959), Salvatore Giuliano ('62), Le mani sulla città ('63), Il caso Mattei ('72) e Cadaveri eccellenti ('76). Ma questo non vuole dire che la grande stagione della commedia all'italiana non sia presente in massa nella top 100. Anzi.
E infatti, ex aequo con Rosi e De Sica, troviamo il grande Mario Monicelli, con i suoi Guardie e ladri (1951), Un eroe dei nostri tempi ('55), I soliti ignoti ('58), La grande guerra ('59) e Un borghese piccolo piccolo ('77). Dietro di lui, con quattro film, ci sono invece un grande maestro del neorealismo come Roberto Rossellini (con Roma città aperta, Paisà, Stromboli ed Europa 51) e un altro mito della commedia, Dino Risi (Poveri ma belli, Una vita difficile, Il sorpasso, I mostri).
Ma il cinema non è fatto solo di autori. E' fatto anche di volti. Indimenticabili volti d'attore, interpreti straordinari, che hanno fatto la fortuna di registi e produttori. Nella classifica ci sono tutti, e con più di un film: Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Totò. Perfino una maschera tragicomica come Paolo Villaggio, presente col primo Fantozzi.
E poi ci sono i volti femminili. Bellissimi, intensi. La Silvana Mangano di Riso Amaro, l'Anna Magnani di Roma città aperta, la Gina Lollobrigida di Pane amore e fantasia, la Sophia Loren di Una giornata particolare e di altre interpretazioni. In questo contesto, però, una citazione particolare la merita Stefania Sandrelli, presente con ben cinque film: Divorzio all'italiana (Pietro Germi, 1961); Io la conoscevo bene (Ettore Pietrangeli, '65); Il Conformista (Bernardo Bertolucci, '70); Novecento (ancora Bertolucci, '76); C'eravamo tanto amati (Ettore Scola, '74). E infatti la diva è presente questa mattina, alla Casa del cinema, alla presentazione ufficiale dei cento film. Selezionati da una commissione di esperti, coordinati da Fabio Ferzetti a nome della Giornate degli autori, che comprende Gianni Amelio, Gian Piero Brunetta, Giovanni De Luna, Gianluca Farinelli, Giovanna Griffagnini, Paolo Mereghetti, Morando Morandini, Domenico Starnone e Sergio Toffetti. Scopo del loro lavoro: "Selezionare cento film da custodire, restaurare, proteggere. Come si fa con i beni culturali". "Sono piena di gioia per essere qui - dice oggi la Sandrelli - questi sono cinque film di cui vado
orgogliosissima: rappresentano l'Italia, le italiane, e anche me stessa, le scelte che ho fatto. Guai a chi me li tocca! Per me insomma questo è un appuntamento un po' cosmico, magico. Del resto, una delle cose di cui vado più fiera è della definizione di 'termometro del cinema italiano' che una volta mi ha dato un critico...". Ultima osservazione. Come in ogni classifica che si rispetti, il gioco di chi non appare, un po' inspiegabilmente, è inevitabile. Si potrebbero citare, tanto per fare degli esempi di grandi esclusi, La ciociara di De Sica; o Ecce Bombo di Nanni Moretti, uscito proprio nel 1978; o Ultimo tango a Parigi di Bertolucci, forse non preso in considerazione per il cast e le ambientazioni internazionali. O l'intera carriera di Sergio Leone.
Ma il bello delle graduatorie è anche questo.


(28 febbraio 2008)

fonte: www.repubblica.it
 

Articolo del 28/02/2008 Pubblicato in Consigli-Curiosità Letto 13033 Volte

Wedding planner: nozze da favola senza stress. Il ventaglio e il libretto per la messa.

clicca sulla foto

Organizzare matrimoni per professione, come in "Prima o poi mi sposo"

Chiedendo in giro “ma tu sai chi è il wedding planner?” è probabile che vi sentiate rispondere “ah sì, come Jennifer Lopez in quel film dove organizza matrimoni”: il richiamo cinematografico, come al solito, ha un potere evocativo molto forte.

In effetti, a parte rubare il fidanzato alla promessa sposa come succede nel film (scivolone da evitare accuratamente per chi voglia affacciarsi a questa professione), il wedding planner è proprio colui o colei che si incarica di accogliere il desiderio di due persone, e di dargli forma e identità! Chi sceglie questa professione ha di solito una formazione umanistica, un master in organizzazione di eventi e precedenti esperienze in questo settore. Nel nostro paese è da poco che si inizia a ricercare la figura del wedding planner e ad oggi i veri professionisti sono pochi, per questo motivo chi svolge questo lavoro con serietà e competenza non ha difficoltà a crescere nella propria attività che si configura come quella di un libero professionista o più frequentemente di un team di professionisti. Il compenso è infatti definito in percentuale sul preventivo dell’evento, percentuale che varia, ma che solitamente si attesta su un 15-20%. L’aspetto fondamentale e allo stesso tempo più delicato della professione è il primo incontro con la coppia. In questo e nei successivi momenti di ascolto e di scambio il wedding planner assume le vesti di un sensibile e attento regista che con le sue intuizioni creative e le sue abilità organizzative riesce a dare corpo ai desideri della coppia cucendogli l’evento addosso come un prezioso abito di sartoria. Nel concreto questo significa occuparsi di tutto ciò che ha a che fare con il matrimonio, dalle formalità burocratiche, permessi, partecipazioni, registro invitati, alla ricerca del luogo, della scenografia, del cibo e della musica, nonché abiti, acconciature, trucco. Che venga lui richiesto di provvedere a uno solo o a tutti questi elementi, il wedding planner deve saper rispondere a ogni domanda e trovare una soluzione per ogni impasse verso il grande giorno.. Un bravo professionista lavora infatti sulla personalizzazione, poiché le persone che si affacciano alla sua porta sono le più diverse, c’è chi arriva con un progetto già definito e cerca il tempo e la professionalità per realizzarlo, chi invece ha solo l’idea di un’atmosfera che vuole costruire e porta indizi di colori, luoghi, forme, profumi. Qualunque sia l’idea che si sono fatti del momento della loro unione il wedding planner ordisce la trama solida sulla quale questo momento prenderà vita, orchestrando tutte le fasi dell’evento e permettendo ai suoi sposini di godersi la festa… felici e contenti!

fonte: marketing.monster.it

in collaborazione con la dott.ssa Liliana Castello

 

Articolo del 26/02/2008 Pubblicato in Consigli-Curiosità Letto 59173 Volte

Le fedi nuziali: storia, tradizioni, modelli, curiosità, francesina, mantovana, incrociata, design



Le fedi devono essere d'oro. Vanno scelte e provate da entrambi gli sposi; l'acquisto, però, sarà fatto dallo sposo che provvederà a portarle in chiesa il giorno del matrimonio (guai a dimenticarle).
Nel caso della cerimonia in chiesa è uso a volte farle portare in un cestino foderato di pizzo bianco da un bambino o da una bambina che precederà gli sposi durante la marcia nuziale verso l'altare.
Il prezzo si valuta in base al valore dell'oro. Le più richieste sono: la francesina , schiacciata sui fianchi e piuttosto bombata, disponibile da tre e quattro grammi e, la fede tradizionale molto più larga della francesina, disponibile da 4, 5, 6 e 7 grammi.

All'interno degli anelli, poi si usa incidere la data di nozze e i nomi degli sposi, servizio che, normalmente, è compreso nel prezzo. Anche le fedi seguono la moda. Si stanno diffondendo sempre più quelle in platino, realizzate da grandi orafi. Ce ne sono di tutti i tipi, realizzate con i tre colori dell'oro, o impreziosite da qualche brillantino.
Ma ricordate che passano di moda e presentano problemi di manutenzione: tendono a consumarsi più facilmente, poiché le montature sono più "piatte" rispetto a quelle tradizionali, e le pietre potrebbero staccarsi. E costano molto di più.

ANELLO: TRADIZIONE E STORIA

Etimologia Dal latino anellus, diminutivo di anus "cerchio". Cerchietto usato per adornare le dita delle mani e, in alcune civiltà, anche dei piedi.
Nel corso dei secoli è stato impiegato con funzioni diverse da quella decorativa: come simbolo di uno stato sociale, come emblema di potere e autorità o come talismano.
Gli antichi egizi saldavano agli anelli sigilli raffiguranti scarabei e geroglifici, mentre i greci indossavano cerchietti d'oro con cammei o incisioni. Presso gli antichi romani l'uso di questi monili era regolato dalla legge: gli anelli dei cittadini liberi erano d'oro, quelli degli schiavi liberati d'argento e quelli degli schiavi di ferro.
Le matrone romane sfoggiavano fedi nuziali cui era talvolta applicata una piccola chiave, segno della loro autorità nella famiglia. Anche i primi cristiani utilizzarono questi gioielli e dal Medioevo in avanti venne adottata la pratica della consegna di un anello a re e vescovi durante la cerimonia di incoronazione o consacrazione.
Per tradizione, i pontefici ricevono tuttora il cosiddetto "anello piscatorio", raffigurante la barca di san Pietro contornata dal nome del papa; l'anello, utilizzato per sigillare le epistole papali, viene spezzato alla morte del pontefice. La popolarità di questo tipo di ornamento raggiunse il culmine nel XVI secolo, periodo in cui si amava indossare su ciascun dito uno o più anelli, dotati di sigillo o più spesso impreziositi da pietre.
Gli anelli nuziali e di fidanzamento hanno origini molto antiche; la consuetudine maschile e femminile di indossare un cerchietto d'oro dopo il matrimonio si affermò tuttavia solo a partire dal XVI secolo, mentre l'abitudine di incidere i nomi degli sposi e la data delle nozze all'interno della vera risale al Settecento.

TIPI DI FEDE: MODELLI E CURIOSITA’


Al giorno d’oggi la moda “detta legge” anche per quanto riguarda le fedi nuziali. Ne esistono, infatti, di tantissimi tipi e modelli. Così gli sposi hanno l’opportunità di prediligere tra diverse alternative, o di far realizzare per sé degli “anelli nuziali personalizzati”.
Ricordiamo inoltre che anche molti famosi stilisti come, per esempio, Gucci, Bulgari o Cartier si sono dilettati nel disegnare gioielli nuziali (le cosiddette “fedi griffate”).
Vediamo alcune delle soluzioni tipiche tra cui poter scegliere : - La “fede classica”: può essere realizzata in oro bianco o giallo. È un anello estremamente semplice, a fascia, con i bordi smussati. - La “francesina” : una delle fedi più scelte dagli sposi. Si presenta molto sottile e leggermente bombata.
Può essere sia in oro bianco che giallo. -
La “mantovana”: di solito realizzata in oro giallo, è un tipo di fede piatta, abbastanza alta e di solito più pesante rispetto agli altri modelli. -
La fede “completamente piatta. - La “fede tradizionale”: di solito realizzata in mezzatinta, con l’arco un po’ schiacciato. - La “fede incrociata”: è un anello a più cerchi, dal design molto moderno. Di solito i vari cerchi che compongono l’anello sono di diversi colori d’oro. - Le fedi in platino: possono essere realizzate in una qualunque delle forme sopraelencate.
Ciò che le contraddistingue è la preziosità del materiale con cui sono fatte, ed il fatto che mantengono in eterno (si dice) la propria lucentezza. -
Fedi con brillante/ brillantino: di norma solo la sposa indossa questo tipo di anello, mentre lo sposo lo sceglierà identico, ma senza il brillantino. La forma di questa fede è spesso semplice, tradizionale, leggermente bombata. Incastonato nell’anello troveremo uno o più brillanti.
Vengono realizzate più che altro in oro bianco.


fonte: www.saleepepe.it


in collaborazione con la dott.ssa Liliana Castello
 

Articolo del 24/02/2008 Pubblicato in Consigli-Curiosità Letto 5950 Volte

Banchetto nuziale: la storia, le tradizioni, le usanze.




Il banchetto nuziale è stato, in tutte le epoche e presso tutte le classi, un importante occasione nella quale ai motivi festosi puramente gastronomici se ne intrecciavano altri che di culinario avevano ben poco: ostentazione di potenza e ricchezza, o comunque sforzo di affermazione sociale, elementi rituali e simbolici legati propriamente all’atto nuziale.
Tuttora, più di quanto non si creda, sedendosi a tavola durante un pranzo nuziale si partecipa ad un rito. Ovviamente certi dati sono più evidenti in altre epoche quando le differenze tra i vari ceti erano molto più accentuate: accanto ai banchetti per le nozze tra case regnanti atti a dimostrare potenza e ricchezza ma allo stesso tempo passione per il lusso sfrenato, troviamo esempi di nozze tra contadini che suggellavano il loro patto di nozze con banchetti ben più modesti e lontani da sfarzo e lusso.
In ogni caso, nonostante sfarzo e lusso siano tipici di ogni età, il trionfo del pranzo nuziale scenografico fu quello che si tenne nel 1600 a Palazzo Vecchio a Firenze per il matrimonio di Maria de Medici e il Re di Francia Enrico IV, che rimase nella storia soprattutto per le meraviglie teatrali escogitate dal famoso architetto Buontalenti, e per le statue di zucchero modellate dal Giambologna. Pare che, dopo la frutta, calarono dal soffitto nubi rigonfie con Giunone e Minerva, ed al loro dileguarsi le tavole erano cambiate a vista con altre di specchi e di cristalli, che a loro volta si trasformarono in boschetti con valli, siepi e fontane.
Al Medioevo ed al Rinascimento, epoche in cui allegorie e simbolismi la facevano da padroni in ogni momento della vita umana, risalgono molte delle usanze osservate ancora oggi durante i pranzi nuziali.
Oltre al numero dei convitati, che non deve essere mai dispari, è molto importante la presenza di dolci e zuccherini, gli attuali confetti, come simbolo di un dolce e lieto futuro. Inoltre, non possono mancare alcuni frutti come la mela, simbolo della dedizione della sposa, e la melagrana, simbolo della fertilità.
Devono essere in tavola anche cibi piccanti ed afrodisiaci per propiziare l’atto fisico dell’unione. In tutte le epoche, e nei limiti dei loro mezzi, come abbiamo già detto, anche la borghesia e le classi popolari hanno dato grande importanza ai banchetti nuziali.
Famose, per esempio, nella tradizione popolare Italiana, le cosiddette “Panarde” Abruzzesi, consacrate alla letteratura da Edoardo Scarfoglio e che si svolgono in modo analogo ancora oggi. A loro volta, piccola nobiltà e borghesia agiata di toga e di commercio, non scherzavano. Basti ricordare il banchetto tenutosi a Verzago nel 1569 per il matrimonio di Ippolita Dugnani con il conte Ottavio Giovio, durante il quale furono servite cinque portate rispettivamente di 145, 105, 105, 140 e 110 piatti ciascuna.


fonte: www.giallozafferano.it
in collaborazione con la dott.ssa Liliana Castello
 

Articolo del 22/02/2008 Pubblicato in Consigli-Curiosità Letto 26824 Volte

La giarrettiera per la sposa - Origini, storia, credenze e curiosità - Tradizioni vecchie e nuove.

Originariamente la giarrettiera consisteva soltanto in un laccio. La prima volta che il termine viene citato è nell'800 d.C. negli scritti di Eginardo: descrivendo l'abbigliamento di Carlo Magno, parla di "giarrettiere" che sostengono le calze del monarca.

Nell'abbigliamento maschile è presente a partire dal 1200. A metà del XIV secolo Edoardo III d'Inghilterra, in seguito a un incidente occorso alla contessa di Salisbury a un ballo di corte, designa la giarrettiera come il simbolo dell'onorificenza più prestigiosa della corona inglese, ” l'Ordine della Giarrettiera”, lanciando anche il celeberrimo motto presente ancora sullo stemma reale "Honni soit qui mal y pense" (sia svergognato chi ne pensa male).

A partire dal XVIII secolo si attribuì alla giarrettiera un culto speciale, adornandola di pietre preziose, gioielli a forma di piccoli lucchetti, nastri e pizzi, spesso con ritratti del proprio marito o compagno (anche fuori dal matrimonio).

Alla giarrettiera si attribuivano poteri soprannaturali: si diceva, ad esempio, che un fantasma non poteva attraversare una porta chiusa con una giarrettiera.

È del XIX secolo l'uso di giarrettiere in tessuto elasticizzato. Nello stesso secolo si impose la moda di portare non più due giarrettiere l'una sopra il ginocchio per fissare la calza, l'altra sotto di esso per vezzo, ma una sola sopra il ginocchio.

Un noto costume matrimoniale delle famiglie nobili consisteva nel dividere fra gli invitati una giarrettiera in piccoli pezzi. Il cosiddetto "don de la jarretière" (dono della giarrettiera), è conosciuto e praticato in Francia, presso le popolazioni francofone del Belgio, anche nei matrimoni fra contadini del Palatinato Superiore e dell'Alsazia. Oggi in questa usanza in Italia e altrove la giarrettiera è stata sostituita dalla cravatta dello sposo, che viene tagliata e distribuita tra gli invitati. Ma anche questa tradizione sta un po’ andando a scemare.

A partire dalla fine del XIX secolo l'uso della giarrettiera ha cominciato a entrare in decadenza a causa dell'avvento del reggicalze femminile prima e del collant e delle calze autoreggenti poi.

Al giorno d’oggi la giarrettiera è parte integrante dell’abbigliamento di ogni sposa. L’usanza si intreccia con altri costumi: alcune sposine, infatti, non acquistano la giarrettiera, ma aspettano che venga loro regalata. Inoltre spesso le giarrettiere per la sposa hanno all’interno un nastrino blu. In tal modo si rispettano due parti della tradizione che vuole che la sposa indossi, nel giorno del matrimonio qualcosa di blu, qualcosa di regalato, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato e qualcosa di vecchio (antico). Anche se quasi tutte le spose indossano la giarrettiera, però, non tutte praticano il cosiddetto “lancio della giarrettiera”, che può essere considerato un po’ come l’equivalente del lancio del bouquet al maschile (lo sposo lancia la giarrettiera agli invitati maschi scapoli e colui che la prende sarà il prossimo a sposarsi).

fonte: www.la-sposa.it

 

Articolo del 16/02/2008 Pubblicato in Consigli-Curiosità Letto 3245 Volte

23 marzo 2008 Pasqua: 7 cose da non fare con un uovo di Pasqua. Storia, video, immagini, tradizioni.

Qual’è il significato simbolico dell’uovo di Pasqua?


Nell’iconografia cristiana, l’uovo è il simbolo della Resurrezione: il guscio rappresenta la tomba dalla quale esce un essere vivente. Per i pagani l’uovo è il simbolo della fertilità: l’eterno ritorno alla vita. Per i filosofi egiziani l’uovo era il fulcro dei quattro elementi.
Per gli israeliti un dono da portare agli amici o lo regalavano a chi festeggiava un compleanno. Gli antichi romani usavano dire: ”Omne vivum ex ovo” Dipingere e decorare le uova durante il periodo pasquale risale a quest’ultimo periodo: donarne uno colorato era sinonimo di auguri e buoni auspici.

Oggi ritroviamo in molte tradizioni l’uso delle uova per celebrare la ricorrenza pasquale i popoli Slavi dipingono le uova per donarle come simbolo di buon asuspicio, amore e fertilità e le case vengono addobbate con uova colorate. In Germania, Austria e Svizzera si nascondono uova colorate nel giardino o all’interno dell’abitazione e si invitano i bimbi a cercarle affermando che sono state lasciate dai leprotti e si decorano alberi o ramoscelli pasquali. In alcune regione della Francia si nascondono le uova dipinte nei giardini e si narra ai bambini che sono state lasciate dalle campane che la notte del Venerdì Santo hanno volato fino a Roma per prenderle ed è per questo che nessuno le sente suonare durante la notte della Passione.

Nei Paesi Scandinavi è tradizione compiere anche dei giochi con le uova sode: i più noti: far rotolare le uova da un dosso e vince chi ha lasciato quello che arriva più lontano con il guscio integro, altra abilità è tenere un uovo lesso in mano e cercare di romper quello tenuto dall’avversario. Ma le uova nelle Nazioni del Nord assumono anche altri significati andare in chiesa con in tasca un uovo nato il Giovedì Santo smaschera le streghe” Un uovo lasciato in ciascuno dei quattro angoli del campo, nei solchi arati, aiuta invece ad avere un abbondante raccolto.

Gli Ortodossi celebrano la ricorrenza dei morti il venerdì successivo al giorno di Pasqua. In questa occasione qualcuno colora le uova di rosso e le mette sopra le tombe, come augurio di felice vita ultraterrena per i loro cari che sono sepolti. Questa tradizione è legata ad una leggenda che narra di Maria che faceva divertire di Gesù Bambino con uova colorate. Il giorno di Pasqua Maria tornata sul sepolcro, lo trovò aperto e sul ciglio scorse delle uova rosse!!!


in collaborazione con la dott.ssa Liliana Castello
Fonte: www.abcvacanze.it
 

Articolo del 13/02/2008 Pubblicato in Consigli-Curiosità Letto 31088 Volte

difiorefotografi - Le più belle frasi tratte da canzoni. Seconda parte. Poesie, aforismi, musiche pe

- “If I had just one more day, I would tell you how much that I've missed you since you've been away. Oh, it's dangerous. It's so out of line, to try to turn back time. I'm sorry for blaming you for everything I just couldn't do…And I've hurt myself by hurting you.”
Christina Aguilera- Hurt.

-“ …è una farfalla che muore sbattendo le ali. L'amore che a letto si fa , prendimi l'altra metà. Oggi ritorno da lei…”
Umberto Tozzi- Ti amo.

- “It's sad, so sad. It's a sad, sad situation . And it's getting more and more absurd. It's sad, so sad,
why can't we talk it over? Oh it seems to me that sorry seems to be the hardest word.”
Elton John- Sorry seems to be the hardest word.

-“Poi come fa il vento con le rose, vorrei spogliarti soffiando su di te…”
Eros Ramazzotti- Per me per sempre.

-“Tu sarai la regina dei miei desideri, l’orizzonte costante di questa realtà. Tu che sei per me, come vedi, tutto quello che un uomo sognare potrà.”
Sergio Cammariere- Tutto quello che un uomo.

-“For what is a man, what has he got? If not himself, then he has naught, to say the things he truly feels and not the words of one who kneels. The record shows I took the blows and did it my way!”
Frank Sinatra- My way

-“Lasciami fare, come se non fosse amore…Ma, per errore, chiudi gli occhi e pensa a me”
Loretta Goggi- Maledetta primavera.

- “Io sto bene se stai bene tu, sono felice. Vorrei fare qualche cosa di più, è il cuore che lo dice. Ma tra le mie mani c'è solo il tuo amore e penso al domani, tra speranza e dolore…”
Andrea Mingardi&Mina- Mogol e Battisti.

-“E quando non verrà mattina, resterò accanto a te. E quando il buio si avvicina…se succede pensa a me. E mi ritrovo a non capire, mentre il giorno muore, ed ogni notte era amore…ed ogni giorno era un errore.”
Tiziano Ferro- Salutandotiaffogo.

-“ Smile, without a reason why. Love, as if you were a child. Smile, no matter what they tell you. Don’t listen to a word they say, 'cause life is beautiful that way.”
Noa- Beautiful that way.

- “…questa sera di luglio il cielo è pieno di stelle…e i tuoi occhi scrivono una canzone sulla mia pelle. Che cosa non darei, per fermare adesso tutto. Che cosa non farei, per dire che ti sento. Perché ho mal di te…ho solo mal di te. In questa strana atmosfera, serena.”
Pino Daniele- Mal di te.

- “I follow the night, can't stand the light. When will I begin to live again? One day I'll fly away, leave all this to yesterday. What more could your love do for me? When will love be through with me?”
Randy Crawford- One day I’ll fly away.
-“Si sta facendo notte. Se questa nostra stella non decolla avrò sbagliato e anche tu, che ti aspettavi di più! Son giochi disonesti. Per tanti irresistibili idealisti, assoluzione non c’è…”
Renato Zero- Si sta facendo notte.

-“Dimmi, che mi osservi anche quando non mi stai accanto. Tu, mi stupisci…anche se non sai ridere dei tuoi difetti. Dimmi, che mi ascolti anche quando sei tra gente che non sa…e ti confonde. Tu, te ne stai lì seduto ad ascoltare il tempo.”
Le Vibrazioni- Dimmi

-“Solo per te, convinco le stelle a disegnare nel cielo infinito qualcosa che somigli a te. Solo per te, io cambierò pelle, per non sentir le stagioni passare senza di te. Come la neve non sa coprire tutta la città…Come la notte non faccio rumore…se cado, è per te.”
Negramaro- Solo per te

-“Amore mio, ma che cos’hai tu di diverso dalla gente? Di fronte a te, che sei per me così importante, tutto l’amore che io posso è proprio niente.”
Claudio Baglioni- Con tutto l’amore che posso.

fonte: www.testimania.leonardo.it

in collaborazione con la dott.ssa Liliana Castello
 

Articolo del 13/02/2008 Pubblicato in Consigli-Curiosità Letto 5978 Volte

19 marzo 2008 festa del papà. Storia, immagini. Claudio Baglioni dedica "Avrai" al figlio.

Nella tradizione popolare, San Giuseppe, sposo della Vergine Maria, è il santo protettore dei poveri e dei derelitti, poiché i più indifesi hanno diritto al più potente dei Santi. In questo giorno, si ricorda la sacra coppia di giovani sposi, in un paese straniero ed in attesa del loro Bambino, che si videro rifiutata alla richiesta di un riparo per il parto.
Questo atto, che viola due sacri sentimenti: l'ospitalità e l'amore familiare, viene ricordato in molte regioni con l'allestimento di un banchetto speciale. Così in alcuni paesi della Sicilia, il 19 marzo di ogni anno, si usava invitare i poveri al banchetto di san Giuseppe. In questa occasione, un sacerdote benediva la tavola, ed i poveri erano serviti dal padrone di casa.
Oltre a proteggere i poveri e le ragazze, San Giuseppe, in virtù della sua professione, è anche il protettore dei falegnami, che da sempre sono i principali promotori della sua festa. La festa del 19 marzo è anche associata a due manifestazioni specifiche, che si ritrovano un po' in tutte le regioni d'Italia: i Falò e le Zeppole.
Poiché la celebrazione di san Giuseppe coincide con la fine dell'inverno, si è sovrapposta ai riti di purificazione agraria, effettuati nel passato pagano.
In quest'occasione, infatti, si bruciano i residui del raccolto sui campi, ed enormi cataste di legna vengono accese ai margini delle piazze. Quando il fuoco sta per spegnersi, alcuni li scavalcano con grandi salti, e le vecchiette, mentre filano, intonano inni per San Giuseppe.

Questi riti sono accompagnati dalla preparazione delle zeppole, le famose frittelle, che pur variando nella ricetta da regione a regione, sono il piatto tipico di questa festa.
A Roma la preparazione delle zeppole, affiancate dai bignè di san Giuseppe, ha un fervore particolare.
Nel passato, ad ogni angolo di strada era possibile trovare un banco di frittelle, e tutta la città era addobbata da decorazioni festive.

in collaborazione con la dott.sa Liliana Castello.

Fonte: http://www.amando.it
 
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